Il mediatore civile, nuova figura del panorama della giustizia italiana, nasce dalle raccomandazioni della Commissione Europea, per rispondere alle necessità di giustizia dei cittadini. La sua missione sarà quella di indirizzare le parti di una controversia verso il raggiungimento di un risultato vantaggioso, senza passare attraverso le maglie fitte e faticose dei procedimenti giurisdizionali. La mediazione, quale metodo di risoluzione alternativo delle controversie civili e commerciali sarà, d’ora innanzi, preliminarmente obbligatoria per chiunque voglia esercitare in giudizio un’azione in materia di diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno da responsabilità medica e da diffamazione col mezzo della stampa o di altro strumnto di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari. Per le azioni concernenti ogni altro diritto il ricorso alla mediazione sarà facoltativo.
Tra un anno la preventiva obbligatorietà riguarderà anche le azioni in materia di condominio e di risarcimento danni derivanti dalla circolazione di veicoli a motore e natanti.
La primavera è alle porte per alcuni, per altri, specialmente gli avvocati, si tratterà di un apparente cambiamento foriero di grande confusione. Per altri ancora, forse i più saggi, stiamo assistendo ad un atto di responsabilizzazione in un momento cruciale dell’epoca contemporanea, nella quale l’uomo è messo a confronto con il disordine che egli stesso ha creato e che subisce.
In via XXV Aprile, 9, nella sede di uno degli Organismi di Mediazione della provincia di Foggia, Mediatio di Cerignola, si lavora a quello che è lo spirito e la funzione pratica del mediatore civile. Mediatio è lo spazio–altro in cui la polarità tra ragione e torto non si consumerà nel finale consueto vincitore-vinto.
Più di quanto possa sembrare, la mediazione è sublimazione degli opposti, più vicina ai paesi del Common law, che del Civil law e si occuperà della promozione di risoluzioni armoniche.
I giuristi, da tempo, sperano in un’evoluzione selettiva del carico dei processi.
Gli umanisti, i sociologi, ad oggi, cercano di padroneggiare sistemi che producano risoluzioni di problemi sociali ed istituzionali ma che non hanno strette correlazioni con la verità. Questi si basano su teorie esatte, argomentazioni deduttive. La verità, invece, non è mai assoluta. Non è mai sola, come ha detto più volte Raimond Panikkar, mediatore spirituale, che ha attraversato varie religioni e varie verità. La mediazione, prima che come cura per la stanchezza della giustizia, è ora un’ipotesi affascinante e seduttiva che dovrà, nelle aspettative dei più ambiziosi, occuparsi con sistemi inediti, di comportamenti antigiuridici, che istigano al risentimento, alla rabbia, al desiderio di vendetta, e scatenano umiliazione, incomprensione e senso di colpa. La mediazione dovrà resistere di fronte al timore di effetti distruttivi, di sentimenti sociali forti; ed il mediatore dovrà lavorare in uno spazio logico-emotivo di incontro, non solo del conflitto ma dell’origine di questo. Dovrà penetrare la solitudine dei confliggenti, chiusi nel proprio vissuto, nella propria idea dei fatti, nella propria verità.
L’educazione razionale ha tentato, riuscendoci quasi del tutto, di cancellare il mistero e la complessità dell’essere umano. E’ questo il tempo in cui il caos fantasioso delle emozioni fa paura e non trova una collocazione adeguata.
In questo irragionevole contesto gli organismi di mediazione civile aprono una strada, forse lunga, verso una nuova ritualità di ascolto, partecipazione e risoluzione.E il mediatore, equidistante tra lo spiritualismo di Socrate e il meccanicismo di Democrito, incontrerà la dualità tipica della condizione umana esasperata da una società, qual è la nostra., di dominio dell’uomo sull’uomo e senza giudicare i mediati, li accompagnerà verso un migliore e più conveniente reciproco vantaggio.
Da dove nasca una controversia, al di là degli effetti concreti e visibili, non sempre si può veramente capire. Ci si può trovare coinvolti emotivamente in uno scontro dimenticandone l’origine. Tutti siamo stati prima o poi attori o vittime di aggressioni nelle relazioni di amicizia o lavoro e abbiamo scritto in noi stessi i presupposti di un futuro disarmonico e conflittuale perché maldisposti al dialogo.
Certa è, ad oggi, la fatica delle istituzioni, la difficoltà di gestire il disagio e la colpevolizzazione che, a volte, si subisce per il solo fatto di rivolgersi all’autorità giudiziaria.
Sembra quindi che imparare a leggere il conflitto, come dovrà fare il mediatore, non come un fatto isolato ma come una componente di complicate vicende di relazione, sia l’unica via percorribile; quella dell’esternazione verso la catarsi che da sempre ci è stata insegnata.
Troppo spesso le dispute, per le lungaggini della giustizia e per il contributo emotivo degli individui, invece di essere un momento della vita, divengono uno stato di stallo in cui ci si ferma, ci si irrigidisce, ci si nutre del passato, impedendo al futuro di fare il suo corso, anche a costo di grandi sprechi energetici ed economici.
La mediazione sarà uno spazio di risoluzione nell’intenzione del legislatore, ma soprattutto uno spazio di accoglienza dei passaggi bloccati.
Questo è quello che pensano i lungimiranti, stanchi dell’apatia volgare della politica e della società, e del crescere dei comportamenti irresponsabili.
Giuseppina Quarticelli, Mediatore di Mediatio
Una risposta a Mediazione: alla ricerca della armonia perduta